[FanFic]MOBILE SUIT GUNDAM 0099:The Minovsky Affair

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Re: [FanFic]MOBILE SUIT GUNDAM 0099:The Minovsky Affair

Messaggio da Bright » 10/08/2014, 22:23

VI

Sebbene la Ra Cailum, astronave ammiraglia dei Lond Bell Corps, misurasse quasi mezzo chilometro di lunghezza e contasse un equipaggio paragonabile ad una piccola cittadina, il fenomeno colloquialmente conosciuto come “radio prora”, ovvero la facilità con cui le voci di corridoio ed i pettegolezzi si spargevano tra le persone di ogni età, ruolo e grado, non era meno efficace di quanto fosse nelle unità minori della flotta federale.
La notizia di quanto stava avvenendo appena oltre le Nubi di Kordilewsky, a poche decine di chilometri dalla nave, era stata originata dalla Sala Radio, che l'aveva comunicata come suo dovere in Plancia, dove un cuoco impegnato nel servire il caffé al personale di guardia l'aveva captata e riportata alle cucine, dalle quali era stata poi diffusa alle mense ed al bar, per raggiungere infine le sale macchine e i due hangar principali.
“Hai sentito, Jupiter boy? Là fuori c'é nientemeno che la Cometa Rossa!”, aveva ciarlato ad un certo punto uno dei meccanici, e la notizia aveva colto Judau Ashta così di sorpresa dal distogliere la sua attenzione da quell'epiteto, “Jupiter boy”, che detestava profondamente e che già lo aveva spinto a fare a pugni molte volte coi suoi commilitoni da quando, pochi mesi prima, aveva lasciato la Compagnia Energetica di Giove per tornare, dopo un decennio, a prestare il suo talento come pilota di Mobile Suit agli ordini di Bright Noa.
Judau aveva incontrato Amuro Ray solo due volte, in vita sua, non dando particolare peso alla cosa, almeno inizialmente. La Guerra di Un Anno aveva infuriato e s'era spenta quando lui era ancora un bambino, troppo lontana nel tempo e nello spazio, vissuta a distanza e di riflesso nella relativamente sicura Shangri-La di Side 1,  colonia filo-zeoniana che aveva goduto di protezione da parte del Principato, a patto di cedere in cambio parte del proprio Spazio Aereo all'asteroide-fortezza chiamato prima Solomon e successivamente Kompei Island.
C'erano voluti i Titans, o meglio un sopravvissuto di essi, Yazan, per far maturare in quel ragazzino una coscienza adulta, all'alba della Prima Guerra di Neo Zeon. Il conflitto aveva trasformato quello che era un ladruncolo ed un giovinastro in un adulto maturo, in un fratello maggiore premuroso e alla fine in un marito dedito, cambiamenti che lo avevano portato perfino ad allontanarsi dai commilitoni per molti anni. Solo la notizia della morte di Amuro Ray a seguito del suo estremo tentativo, peraltro riuscito, di impedire alla vecchia roccaforte nemica Axis di cadere sulla Terra aveva innescato nell'ormai venticinquenne Judau il tarlo del dubbio, il sospetto di non essere là dove avrebbe dovuto, di non star facendo quello per cui era davvero nato. Gli ci erano voluti mesi per convincere Roux, la sua ex compagna d'armi e adesso consorte, a lasciarlo provare, a lasciarlo tornare. Non meno tempo aveva preteso la Compagnia di Giove prima di concedergli un periodo sabbatico ovviamente non remunerato. La paga da sottotenente di Lond Bell non era minimamente paragonabile a quella di addetto alla sicurezza dei trasporti energetici per conto della ditta, ma la sensazione di essere finalmente nel posto giusto, a fare la cosa giusta, almeno per adesso bastava a colmare la differenza.
Fu rimuginando questi pensieri che Judau lasciò l'hangar, percorrendo sei diversi corridoi saldamente aggrappato alle maniglie scorrevoli, fino a giungere in Plancia.
Quando entrò il comandante dell'astronave, il Capitano di Vascello Josef Meran, aveva due proiezioni olografiche davanti agli occhi: la prima era una videochiamata al Comandante in Capo di Lond Bell, il Contrammiraglio Bright Noa, che gli parlava dal suo ufficio di Londenion; l'altra era un'istantanea dello spazio esterno.
Judau si concentrò su quest'ultima: vide una porzione dello scafo di una gigantesca astronave che istantaneamente riconobbe come una classe Jupitris, identica a quelle sulle quali  aveva lavorato fino a pochi mesi prima... lo stupore nel vederne un esemplare in un'area così inusitata del Sistema Solare venne però sorpassato da quanto dominava il centro dell'immagine: un Gundam vecchio modello ed uno Zaku rosso che affrontavano, spalla a spalla, un plotone di Geara Zulu che sembravano intenzionati a circondarli.
“Judau, so a cosa stai pensando...”, lo distolse una voce interfonica proveniente dall'altra trasmissione.
Judau alzò lo sguardo verso Meran e l'ologramma di Bright.
“...non abbiamo abbastanza elementi per decidere quale linea d'azione intraprendere”, continuò Bright, “stavo appunto consigliando al Comandante Meran di aspettare ed osservare l'evolversi della situazione...”
Bastarono quelle poche parole a far trasalire il giovane ufficiale.
“Tra qualche minuto potrebbe non esserci più, una situazione da osservare!”, sbottò fuorioso Judau indicando l'altra immagine.
“La Cometa Rossa é una fuorilegge ricercata dalla Federazione”, disse Meran scuotendo la testa.
“Per voi, forse... per me é una persona cui devo la vita di mia sorella!”, rispose Judau voltandosi di scatto ed infilando la porta della plancia.
Meran provò ad articolare un rimprovero, ma non fece in tempo ad emettere un suono che il pilota era già uscito, verosimilmente diretto all'hangar dei Mobile Suit.
Il comandante volse lo sguardo al suo superiore, che sedeva alla sua scrivania con le mani incrociate sul ripiano ed i pollici che tamburellavano nervosamente sui palmi.
“Lascialo andare”, disse lui, “perlomeno, finalmente avremo un collaudo realistico del nuovo Gustav Karl!”
“É  un elemento difficile, da gestire!”, rispose Meran, sottintendendo quanto fosse dipeso dal volere di Bright, il rientro di uno come Judau nelle Forze Federali.
E quanto lui vi si fosse opposto, a suo tempo.
“Lo so”, ammise il contrammiraglio, “ogni volta che gli parlo, rimpiango Kamille e Banagher!”
“Pensavo rimpiangesse il Colonnello Ray, ammiraglio!”, sospirò Meran.
Bright annuì, greve.
“Vent'anni fa non mi sarei mai sognato che un giorno l'avrei detto ma…  Amuro, adesso, lo rimpiango ogni giorno.”

Kai adorava avere ragione.
Non c'era sensazione più inebriante, per lui, che il riscontro oggettivo di un fenomeno o una situazione che avesse già in anticipo dedotto o subodorato. Se poi la sua intuizione s'era dovuta scontrare col sentire altrui, prima della conferma, la sensazione che ne traeva era dieci, cento, mille volte ancora più appagante. A Kai piaceva un sacco il voltarsi verso qualcuno, sorridergli e dire: “te lo avevo detto!”
Stavolta però, Kai avrebbe voluto sbagliarsi. Non percepiva alcunché di piacevole nell'aver verificato la sua tesi. I muscoli del viso erano tesi in un'espressione terrorizzata che nulla aveva del tipico sorriso cinico ed un po' sghembo del giornalista. Aveva pronunciato una sola parola, se così la si poteva definire, dal momento in cui lui e Sayla avevano lasciato la Topkapi a bordo dello Zaku rosso di Char, un suono inintelligibile che non suonava affatto come il suo tipico e canzonatorio “te lo avevo detto”, ma piuttosto come il lamento del paziente di un dentista operato senza anestesia.
“Gyhaaaaaaaarl!!!”, più o meno.
Mentre Kai si copriva il visore del casco della normal suit con entrambe le mani, incastrato nel retro del sedile di pilotaggio occupato da Sayla, quest'ultima lottava con i controlli del mobile suit per mantenere un assetto di volo decente, nonostante la grandinata di proiettili che si abbattevano su di loro facendo vibrare il cockpit nella sua interezza, ma che avrebbero di certo sortito più drammatico effetto se non fossero stati in massima parte deflessi dall'ampio scudo da suit federale che lo Zaku stava brandendo con la mano destra, in aggiunta a quello di normale dotazione fissato sulla spalla sinistra.
“Smettila di piagnucolare!”, lo rimproverò la donna, “i Geara Zulu ci stanno ignorando, ed i soli cannoncini Vulcan del Gundam non bastano a forare l'armatura di uno Zaku custom!”
“Perché”, chiese terrorizzato il giornalista “non sta sparando con nient'altro?”
“Guarda tu stesso!”, lo sfidò Sayla, mentre premeva entrambe i pedali per aumentare la spinta dei propulsori vernier.
Timidamente, il casco di Kai fece capolino da dietro al poggiatesta del sedile del pilota... ma tornò subito dietro all'improbabile rifugio.
“Cazzo! Ma ha ancora il beam rifle in mano!”, protestò.
“Ma non lo sta usando”, corresse lei, “forse ha finito le munizioni!”
“L'abbiamo controllato da cima a fondo, nell'avviarlo”, obiettò Kai, “tra missili e beam, aveva assai più colpi di quanti gliene servissero!”
“Nonostante questo”, ribadì Sayla, “il suo sembra un tentativo di tenerci a distanza, piuttosto che di abbatterci!”
Kai si affacciò di nuovo.
“Beh, allora facciamolo contento ed allontaniamoci, no?”
Sayla si voltò sorridendo.
“Scherzi? L'unico modo che abbiamo per comunicare con Haro é toccare il Gundam... gli andremo dritti addosso!”
E premette i pedali dei vernier fino in fondo.
Forse fu l'accelerazione repentina piuttosto che la rivelazione degli intenti della compagna, tuttavia Kai si sorprese a ripetere perfettamente l'inintelligibile neologismo di poco prima...

“Mi conferma, quindi, che i dati contenuti nel computer della Topkapi non sono mai stati copiati?”, insisté Meitzer Ronah.
M’Quve inarcò il sopraciglio dell’occhio buono. Si guardò attorno prima di rispondere: gli altri con lui sul minishuttle di salvataggio stavano ultimando le manovre per la fuoriuscita dalla docking bay della Topkapi, mentre gli otto Geara Zulu sopravvissuti del Crossbone Team avevano attorniato la navetta per proteggerla durante quella delicatissima fase iniziale del volo.
“Affermativo, milord, l’unica copia l’ho effettuata poco fa io stesso e gliela sto trasmettendo in background con questa  comunicazione laser…”
Ronah sfilò un tablet pieghevole dal taschino della sua vistosa divisa, lo svolse e controllò qualcosa.
“Ho ricevuto tutto, Colonnello. Ottimo lavoro!”
“E per quanto concerne i rinforzi?”
Ronah ripiegò distrattamente il tablet.
“Oh, per quelli… ritengo non ve ne sia più alcuna necessità!”
M’Quve deglutì intuendo quale sarebbe stato il prossimo ordine dell’aristocratico. Si voltò verso i suoi uomini e urlò:
“Invertire la rotta, torniamo subito sul Topkapi!”
Ronah guardò fisso dal monitor e disse, decisamente rivolto a qualcun altro:
“Crossbone Team da Crossbone Vanguard… procedere con l’eliminazione dei testimoni!”
L’occhio buono di M’Quve strabuzzò mentre gli otto Geara Zulu che avrebbero dovuto scortarlo in salvo si voltarono all’unisono verso il minishuttle e, come impegnati in una macabra coreografia, puntarono i loro beam cannon verso di lui…

Esaurite le poche preghiere che ricordava, Kai passò a chiedersi perché mai in tutta quella storiaccia fatta di finti disturbi elettromagnetici ed invisibilità radar fasulle, lui fosse finito sull’unico Mobile Suit davvero privo di radio, ma anche di commlink laser compatibile coi protocolli federali, che fosse ancora in servizio da oltre vent’anni… e si rispose che sarebbe verosimilmente morto così, lanciato in una carica suicida guidata da una pazza sorella di un noto megalomane contro il più letale soldato meccanico mai costruito.
L’improvvisa decelerazione accompagnata da scossoni ai limiti dell’umana sopportazione lo catapultarono fuori dal suo rifugio improvvisato, mandandolo a sbattere con la schiena contro il monitor panoramico di destra.
“Haro, cessa il fuoco, siamo noi!”, urlò Sayla al microfono.
Kai si voltò galleggiando nell’assenza di gravità e vide lo scudo supplementare dello Zaku saldamente puntellato contro il torace dell’Omega Gundam, che sembrava guardarli dritti in faccia, ma non sparava più.
“Miss Sayla…”, si sentì rimbombare dopo un istante che parve eterno attraverso le pareti stesse del cockpit. La voce di Haro, attraverso il sintetizzatore vocale dell’RX-78-99, appariva più profonda e priva della tipica cantilena.
Il Gundam si allontanò un attimo e sembrò squadrarli, poi si avvicinò di nuovo e poggiò la mano sinistra sulla spalla dello Zaku, ristabilendo il contatto audio.
“…mi permetta di dirle che i suoi gusti in fatto di Mobile Suit sono alquanto discutibili!”
“Ma sentilo!”, sospirò Sayla soffocando un sorriso.
Kai scosse la testa e guardò oltre la spalla del Gundam, verso la Topkapi ed i Mobile Suit nemici.
“C’è del fermento, davanti alla docking bay!”, disse infine.
Sayla lo guardò: era facile al piagnisteo fin da quando lo conosceva, ma doveva ammettere che, passate le crisi, si riprendeva alla svelta.
“Haro, nessuno deve lasciare quella nave vivo!”, ordinò perentoria.
L’Omega Gundam si voltò verso il Topkapi e poi di nuovo verso lo Zaku.
“Roger”, rispose, “potreste per cortesia restituirmi il mio scudo, adesso?”
Kai e Sayla si scambiarono un’occhiata, poi lei fece spallucce e manovrò la cloche di destra.
Lo Zaku porse lo scudo all’Omega Gundam, il quale lo afferrò, lo agganciò al braccio, lo stese davanti a sé con un fare che, non fosse stato per l’immutabilità espressiva del suo “volto”, sarebbe sembrato nostalgico.. dopodiché lo sganciò e lo lanciò via, lontano, alla deriva nello spazio.
“Ma che cavolo fai?!”, si  sorpresero a dire all'unisono Sayla e Kai.
Tuttavia, a loro insaputa, nel buio del cockpit dell'RX-78-99, il colore dei display relativi al lanciamissili del braccio sinistro e del beam rifle, finalmente, era passato dal “rosso” al “verde”...

L'FD-03 Gustav Karl era il nuovo prototipo di mobile suit della Anaheim Electronics, sviluppato da quell'RGM-89 Jegan che aveva ben figurato tra le fila della Lond Bell Corps ai tempi della Seconda Guerra di Neo Zeon, al punto da surclassare il concorrente diretto (e meglio armato) GM III quale Mobile Suit di punta per tutte le forze federali. Le Alte Sfere erano così favorevolmente impressionate dal Jegan da aver stipulato ordini e commesse per almeno vent'anni, il che poneva la Anaheim nella sgradevole condizione di essere la maggiore concorrente di sé stessa.
Con l'intento di sfruttare la deriva positiva intrapresa dal programma Jegan, la ditta aveva quindi deciso di svilupparne una versione meglio armata e corazzata, in modo non dissimile da come aveva già fatto nell'anno 0083 affiancando al GM II il GM Cannon. Da qui era nato appunto il Gustav Karl, battezzato col nome di un antico sistema missilistico anti-tank di grande successo alla fine del Ventesimo Secolo del Vecchio Calendario, progettato per fornire ai Jegan “modello base” un intenso fuoco di copertura a medio e corto raggio, ma soprattutto pensato per rifornire il mercato dei Mobile Suit di un degno successore del GM Cannon, ormai impiegato da oltre quindici anni, senza allontanarsi troppo dall'acclamatissimo Jegan pur millantando un design “totalmente nuovo”... e distogliendo l'attenzione degli analisti di settore dai costi operativi, decisamente superiori.
Il prototipo affidato a Judau era, assieme ad altri due esemplari identici assegnati sempre alla Ra Cailum, il frutto di tre anni di sviluppo presso gli stabilimenti di Von Braun City sulla Luna ed il poligono sperimentale di Torrington, in Australia. Verificata la bontà del prodotto nell'impiego operativo sulla Terra, la EFF aveva chiesto ulteriori riscontri là dove la minaccia di  attacco da parte di un qualche nuovo avversario era più probabile, ossia nello spazio.
Il Gustav Karl era grosso, pesantemente blindato e interamente verniciato in tinte blu. Judau, messo a capo del piccolo team sperimentale, aveva impiegato pochissimo a scegliere il nome per la sua nuova squadra: il “Blue Team” era l'avversario che più aveva meritato il suo rispetto, ai tempi della Prima Guerra di Neo Zeon, nei giorni passati a combattere e pattugliare i dintorni di Dakar. Adottare il nome di un nemico rispettabile, sulla nave che già aveva ospitato una nuova incarnazione delle famigerate “Black Tri-Stars” della Guerra di Un Anno, gli parve naturale. Convincere i suoi nuovi compagni, il veterano Primo Maresciallo Tehodore "Terry" Sanders Jr. e la Sottotenente pilota Cyber-NewType Yuri Azissa, una volta narrato l'antefatto, era stato abbastanza semplice. Judau aveva sentimenti perennemente contrastanti verso le decisioni e gli ordini che venivano dall'alto, oggi come dieci anni prima... ma era contento della squadra che aveva messo in piedi e sapeva, nel profondo del cuore, che difficilmente il Contrammiraglio Bright lo avrebbe costretto a fare qualcosa di cui non era convinto oppure, come in questo caso, non avrebbe insistito troppo per fermarlo qualora egli avesse deciso di agire.
“Dunque, é vero quello che si dice?”, gli chiese Sanders facendoglisi incontro non appena Judau rientrò nell'ampio Hangar dei Mobile Suit.
“Così pare”, ammise Judau, “hai mai incontrato la Cometa Rossa, durante la Guerra di Un Anno?”
Sanders sospirò profondamente.
“Come ti ho raccontato, non ho avuto gran fortuna nello spazio, a quei tempi”, disse infine, “fino a quando non mi sono rifugiato sulla Terra, nell'Ottavo Plotone del battaglione Kojima, si può dire che non ho fatto altro che perdere compagni su compagni...”
“É successo a tutti noi”, lo interruppe Judau, “é la guerra.”
“Si”, ammise il maresciallo, “ma in una di quelle missioni la sfortuna era tinta di rosso!”
Judau sgranò gli occhi.
“Char Aznable?”
Sanders chiuse gli occhi. Le labbra si distendevano in una smorfia nervosa mentre parlava.
“Lui... sembrava non trovasse altro piacere che combatterci. Si muoveva a zig-zag in mezzo a noi ad una velocità paurosa, impossibile da colpire... alcuni di noi nel provarci si fecero fuori l'un l'altro. Un intero squadrone di Guncannon sbaragliato in pochi minuti da lui e tre dei suoi...”
Sanders riaprì gli occhi.
“...raccontano che gli Zabi organizzarono una festa per celebrare quella sua azione, ma lui preferì andare su Side 7 a compiere un altro massacro, appena il giorno dopo!”
Judau poggiò una mano sulla spalla dell'anziano sottufficiale.
“Quell'uomo é morto, lo sai... questa Cometa Rossa é...”
“Sua sorella!”, lo interruppe Sanders, con gli occhi colmi di ferocia.
Judau tacque e chinò il capo. Poi lo rialzò.
“Io ho un debito di riconoscenza, verso quella donna. Qualcosa mi dice che lei non ha niente a che fare con Char...”
“Allora perché ne veste i colori? Perché lo ha sostituito adesso che Neo Zeon era stata finalmente decapitata?”, rispose l'altro.
“Probabilmente, per impedire che fosse sostituito da qualcuno ancora peggiore!”, disse una voce femminile.
Yuri Azissa era coetanea di Judau. Rimasta orfana sulla Terra ai tempi della Guerra di Un Anno, era finita nel famigerato laboratorio Murasame gestito dai Titans ed era stata trasformata in un formidabile CyberNewType, il più psicologicamente stabile mai ottenuto, sebbene nemmeno lontanamente potente quanto le celebri Four Murasame e Rosamia Badan.  I laboratori Murasame, come l'agenzia Flanagan, sapevano ovviamente la verità sui NewType, ma quella leggenda ormai universalmente accettata aveva fornito loro l'occasione e la scusa per rendere ammissibile la più inaccettabile delle pratiche scientifiche: la sperimentazione umana finalizzata allo scopo bellico.
Dopo la dipartita dei Titans, Yuri aveva prestato servizio nell'AEUG per un anno, prima di sparire nel corso di una missione. Ritrovarla e farla riassegnare alla taskforce di Lond Bell era stata una espressa richiesta di Amuro Ray a Bright Noa, pochi giorni prima della sua tragica morte in azione.
I due uomini videro la giovane donna lanciarsi dal cockpit del suo Gustav Karl numero 3 per poi atterrare dolcemente a pochi metri da loro. La tuta sporca d'olio indicava che aveva voluto supervisionare personalmente la messa a punto del suo Mobile Suit.
“So per certo che quando lavoravo col Colonnello Ray nello Zeta Team, lui si vedeva regolarmente con lei, anche se pare si nascondessero sotto false identità...”, continuò lei sfilandosi i guanti ormai sudici, “Amuro amava lei tanto quanto ne detestava il fratello, ho avuto modo di conoscerlo bene e... sì, decisamente era attratto da donne problematiche, ma non certo dalle poco di buono, o peggio dalle pazze criminali...”
Sanders fece spallucce.
“Non ho mai avuto il piacere d'incontrarlo, quindi non saprei dirti ma... ancora oggi su questa nave gira voce che non fosse tanto giusto, di testa!”, disse.
“Se é per questo, sono vent'anni che gira voce che tu porti sfortuna, Sanders, eppure noi continuiamo a lavorare con te!”, rispose secca lei.
Juadau capì cosa aveva innescato e decise d'intervenire.
“Va bene, calmiamoci tutti! Questa é una faccenda personale, non mi aspetto la vostra comprensione né tantomeno il vostro supporto, okay? Andrò da solo...”
“La situazione là fuori sta precipitando!”, intervenne il Capitano di Corvetta Maura Boscht, responsabile dell'hangar della Ra Calium, ruolo che aveva già ricoperto sulla Albion, unità gemella della White Base, nei tristi giorni dell'Operazione “Polvere di Stelle”, quindici anni prima.
“Il Comandante ha autorizzato la sortita del Blu Team da lei richiesta, Tenente Ashta”, continuò lei, “ma dalla plancia dicono che nelle vicinanze di quella Classe Jupitris abbiano già cominciato a sparare, ci sono almeno otto Geara Zulu oltre allo Zaku e a quel Gundam-type, non é chiaro chi sia affiliato con  chi...”
Maura fece una pausa e squadrò tutti e tre i piloti dall'alto del suo abbondante metro e novanta di statura.
“Se volete ancora andare, dovete comunicarci la tipologia d'equipaggiamento che volete... e dovete farlo adesso!”
Judau guardò gli altri due.
“Equipaggiamento CQC standard sul Gustav numero 1, vado solo io...”, disse voltandosi verso il suo Mobile Suit.
La mano di Sanders calò pesantemente sulla sua spalla, impedendogli di spiccare il salto verso il cockpit.
“Facciamo per due, Comandante!”, disse sorridendo Sanders, rivolto all'ufficiale tecnico.
Maura si voltò verso Yuri.
“Facciamo tre!”, aggiunse lei.
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Re: [FanFic]MOBILE SUIT GUNDAM 0099:The Minovsky Affair

Messaggio da Char70 » 11/08/2014, 16:36

Bright ha scritto:
Char70 ha scritto:Ancora complimenti Bright!
Un'idea originale e ben scritta!
Hai pensato di "corredare" il racconto con qualche disegno?
.
A dir la verità vorrei trovare un mangaka nostrano per farne una graphic novel...
Ecco... questa sarebbe cosa buona e giusta!
:D
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Re: [FanFic]MOBILE SUIT GUNDAM 0099:The Minovsky Affair

Messaggio da Bright » 12/08/2014, 15:44

Char70 ha scritto:
Bright ha scritto:
Char70 ha scritto:Ancora complimenti Bright!
Un'idea originale e ben scritta!
Hai pensato di "corredare" il racconto con qualche disegno?
.
A dir la verità vorrei trovare un mangaka nostrano per farne una graphic novel...
Ecco... questa sarebbe cosa buona e giusta!
:D
Magari qualcuno interessato e capace, leggendo queste righe... 8-)

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Re: [FanFic]MOBILE SUIT GUNDAM 0099:The Minovsky Affair

Messaggio da Bright » 12/08/2014, 15:44

VII

Le esplosioni, osservate da quasi quindici chilometri nello spazio, sembravano quei piccoli flash fotografici provenienti dalle tribune degli stadio durante le partite di calcio, rifletté Kai che di fotografia se ne intendeva, ma di esplosioni lontane nello spazio un po' meno, avendole sempre vissute molto, molto più da vicino.
Al posto delle tribune, però, stavolta osservava le fiancate della gigantesca Topkapi, i flash venivano esplosi dal piccolo team di Geara Zulu, i quali non cercavano d'inquadrare un pallone da calcio, bensì uno shuttle in fuga.
“Che diavolo sta succedendo?”, si fece sfuggire Sayla.
“Pare che il nostro amico a rotelle abbia qualche divergenza di vedute con i suoi piloti”, esultò Kai, “andiamocene e lasciamo che si scannino tra loro!”
Sayla parlò direttamente nell'interfono a contatto.
“Haro, a parziale modifica degli obiettivi: dobbiamo far fuori i Suit nemici e catturare integro il minishuttle che stanno cercando di abbattere!”
Kai trasalì.
“Ma... lasciamo fare tutto a lui e noi ce ne andiamo incontro alla Ra Cailum, vero?”
Sayla si voltò verso di lui. Nei suoi occhi, una ferocia che Kai non aveva mai visto prima. Quando rispose, la sua voce normalmente armoniosa e profonda sembrava il sibilo di un cobra.
“Casval, Amuro, Ramba Ral, Hayato, Ryu, Katz... morti per i giochetti della Massive Dynamics! Voglio M'Quve vivo nelle mie mani, voglio dirgli in faccia i motivi per i quali lo ucciderò, mentre lo ucciderò!”
Kai ristette un istante.
“Sayla, questa non sei tu...”, sussurrò sbigottito.
“Io sono Sarah, adesso!”, rispose, mentre lo colpiva con un formidabile diretto al centro dello stomaco.
Kai si piegò in due lottando per non perdere i sensi.
“Haro, apri il cockpit”, tuonò la donna all'interfono, mentre apriva a sua volta il portello dell'abitacolo dello Zaku.
Assestando al vecchio commilitone una spinta con entrambe i piedi, lo lanciò nello spazio in direzione del portello aperto dell'Omega Gundam, poi richiuse la cabina.
“Haro completa il recupero di Kai Shiden!”, ordinò.
Attraverso i monitor, vide il cockpit del Gundam che si richiudeva.
“Ho Kai Shiden in custodia, miss Sayla”, rispose la voce sintetica.
“Bene, formazione d'attacco schiena a schiena, io ho solo cinquanta colpi, aggancia tu i bersagli per il mio Zaku, hai sensori migliori...”
I due Mobile Suit si piazzarono schiena contro schiena e puntarono le loro armi.
“Ho le soluzioni di tiro su otto Mobile Suit di tipo sconosciuto, Miss Sayla, le sto già trasferendo nella sua Fire Control Station in background a questa comunicazione...”
“Sono dei modelli Geara Zulu, aggiungili al database... libertà di fuoco... adesso!”, disse lei.
L'Omega Gundam tese il braccio sinistro e, finalmente, lanciò la prima salva di quattro missili.
Dentro l'abitacolo, Kai ancora dolorante ed a corto di fiato alzò lo sguardo verso i monitor.
“É cominciata...”, disse, rivolto ad un insolitamente silenzioso Haro.

“Non possiamo rientrare nella docking bay, Colonello!”, urlò il tenente, “I portelli sono bloccati in apertura, non ci fornirebbero alcuna protezione!”
M'Quve si voltò ed indicò la fiancata del Topkapi la quale, da quel punto d'osservazione, sembrava un'infinita muraglia di metallo.
“Raggiungiamo l'approdo a poppa, quello da dove era imbarcato Shiden! Massima velocità!”
Sebbene lo shuttle avesse abbastanza vernier da poter ruotare sul suo stesso asse, per cambiare rotta compì invece un'ampia parabola, mentre i colpi sparati a cortissima distanza dai Geara Zulu più vicini si abbattevano sulle sovrastrutture della gigantesca astronave madre, mancandolo sempre di pochissimo.
“Stima dei danni!”, urlò M'Quve.
“Nessun colpo diretto finora!”, rispose uno dei pochi commandos rimastigli fedeli.
“Tenente, mantenga una rotta irregolare, non dobbiamo dare ai loro computer la possibilità di calcolare una soluzione di tiro corretta!”
Il Tenente agì sulle cloche di comando  facendo piegare lo shuttle su un fianco, con un'accelerazione laterale degna di un caccia.
“Eccellenza, riesce a reggersi alla...?”, chiese un altro dei commandos indicando la sedia a rotelle ma non trovando il coraggio di chiamarla col suo nome.
Un colpo esplose vicino, ma non abbastanza.
“Questo é l'ultimo dei miei problemi, adesso!”, ringhiò M'Quve.

“Yuri Azissa, Gustav Karl numero tre, lancio!”, comunicò la giovane pilota.
Il grosso Mobile Suit blu scivolò lungo la corsia di lancio trascinato dalla potente catapulta elettromagnetica e volò incontro agli altri due identici che lo precedevano in formazione quasi senza alcun ausilio dei suoi vernier.
Osservandola attraverso il monitor circolare del suo Linear Seat, il maresciallo Sanders ammirò la perizia con cui la manovra di entrata in formazione venne eseguita limitando al minimo l'utilizzo d'energia.
“Maledettamente brava...”, si fece sfuggire distrattamente, senza rendersi conto del commlink laser già attivo.
“Grazie, anche tu non sei affatto male... per essere un vecchietto!”, gli rispose ridendo una voce femminile in cuffia.
Invece che adirarsi, Terry sorrise. Era il loro modo di far pace dopo la spiacevole discussione  avuta in Hangar.
La voce di Judau interruppe lo scambio di cortesie.
“Okay gente, i possibili bersagli sono otto, ma potrebbero diventare undici visto che non sappiamo ancora da che parte stiano né il Gundam e lo Zaku, né quel minuscolo shuttle in fuga, lo vedete?”
“Non ancora”, rispose Sanders
“Io l'ho agganciato”, gli disse Yuri in cuffia, “passo i dati al tuo computer di bordo!”
Un quadrato rosso apparve al centro dello schermo.
“Tally oh!”, confermò Sanders annuendo.
“Proviamo a fare le cose per bene”, proseguì Judau, “per prima cosa gli intimiamo di fermarsi tutti...”
“Non ci ascolteranno...”, disse Sanders.
“Non ci ascolteranno!”, gli fece eco Yuri.
“Lo so, ma noi ci proveremo lo stesso!”, insisté Judau, canticchiando poi: “Noi non siamo i Titani, non siamo l'AEUG...”
“...Siamo rispettabilissimi sbirri federali!”, conclusero tutti e tre in coro.
Judau rise e continuò: “niente colpi di testa, risolviamo tutto e torniamo alla nave per l'ora di cena! Weapons Check!”
“Tutte in sicura, all green!”, rispose Sanders e poi, tra sé, ripeté il monito del suo vecchio comandante Shiro Amada:
“...restare vivi!”

La prima salva di missili lanciata dall'Omega Gundam s'abbatté sui due Geara Zulu più vicini allo shuttle di M'Quve. Il potenziale esplosivo di ciascuno degli ordigni, progettato per i Mobile Suit dell'anno 0079, non era sufficiente da solo ad abbattere un modello recente, ma bastava a danneggiarlo pesantemente e certamente a fargli perdere l'assetto di volo. Il Geara Zulu che si trovava più avanti, appena colpito, perse istantaneamente un braccio, mentre l'esplosione del secondo e terzo missile ne deviarono il volo dritto contro la fiancata del Topkapi. Il Suit urtò la superficie perdendo entrambe le gambe e strappando via una porzione di scafo, per poi rimbalzare lontano ed andare ad impattare col  secondo Geara Zulu che lo seguiva distaccato di poco, il tutto mentre il quarto missile, che lo aveva seguito senza essere riuscito ad avvicinarsi abbastanza per innescarsi, finiva la sua corsa anche lui sul secondo Suit il quale, a causa dell'impatto col compagno, era venuto a piazzarsi proprio davanti all'ordigno.
“Colonnello, l'Omega Gundam ci sta coprendo la fuga!”, disse il braccio destro di M'Quve mentre lottava senza sosta coi comandi della navetta per mantenere una rotta imprevedibile.
L'anziano ufficiale osservò il monitor della telecamera posteriore.
“Non sono esattamente i rinforzi che avevo chiesto, ma basteranno a farci guadagnare del tempo!”
“Eccellenza!”, lo richiamò un altro dei suoi uomini, “l'approdo poppiero é a ore dieci, cinquecento metri!”
“Bene!”, ghignò M'Quve, “virate a dritta!”
“A dritta, eccellenza?”, domandò incredulo il tenente.
M'Quve non rispose, sbloccò le ruote della sua sedia e si lanciò verso il pilota, afferrandone le mani e spingendo con una forza insospettabile la cloche a destra.
Lo shuttle compì una strettissima virata sulla destra, volando al di sotto di altri due Geara Zulu che lo seguivano e sorvolando la porzione di scafo della Topkapi squarciato dal suit che era stato colpito per primo.
I due Geara Zulu compirono una capriola in volo ed invertirono anch'essi la rotta, tornando a sorvolare il fianco della gigantesca astronave, mentre gli altri che sopraggiungevano abbandonarono l'inseguimento e presero rotte divergenti per dirigere, con una successiva manovra a tenaglia, verso il Gundam e lo Zaku.

“Miss Sayla, quattro Geara Zulu, ore 9, 11, 14 e 15, tra i sette e i nove chilometri, velocità 160, rotte convergenti, saremo a tiro delle loro armi tra quaranta secondi”, riferì con laconica efficacia Haro.
“Munizioni?”, chiese Sayla.
“Altre due salve da quattro missili, sedici colpi nel beam rifle, vulcan esauriti”
“Ok, io prendo quelli di destra, ma devi distrarmeli, la gittata delle loro armi é maggiore della mia e ho solo cinquanta colpi!”, chiese la donna.
“Roger, attenzione alla forza centrifuga, Miss Sayla!”, avvertì Haro e, detto questo, prese a braccetto lo Zaku con il braccio sinistro, curando di avere comunque i lanciamissili liberi da impedimenti. Quindi, avviò alla massima potenza i vernier del lato destro del corpo, imponendo ad entrambi i suit una rapida rotazione antioraria.
“Haro... non posso prendere la mira, così!”, protestò Sayla mentre si sforzava di restare aggrappata ai comandi.
“I bersagli li aggancio io, miss Sayla, si limiti a premere il grilletto quando glielo suggerisco”, rispose Haro mentre l'Omega Gundam sparava in sequenza tutti i missili rimanenti.
Gli ordigni corsero silenziosi verso i loro bersagli, spingendo i Geara Zulu a rompere la formazione d'attacco per evitarli. Poi, prima di impattare sui bersagli, tutti i missili esplosero contemporaneamente, accecando temporaneamente i sensori infrarossi dei suit.
Fuori formazione, quindi impossibilitati ad usare il puntamento laser;
Circondati da esplosioni, quindi impossibilitati ad usare il puntamento termico;
Restava solo il puntamento radar, ma l'unico ad avere il radar a bordo era l'Omega Gundam.
“Miss Sayla, fuoco, adesso!”
Lo Zaku fece partire una raffica decapitando un suit nemico.
“Cessi il fuoco!”, sentenziò Haro, accelerando la rotazione.
“Di nuovo, miss Sayla, fuoco!”
Un'altra raffica, un altro nemico centrato.
“Cessi il fuoco!”, suggerì di nuovo Haro, cambiando il braccio con cui teneva lo Zaku ed invertendo il senso di rotazione.
“Fuoco di nuovo!”
Una raffica strappò entrambe le gambe, dal ginocchio in giù, al primo Geara Zulu colpito.
“Continui a sparare!”, disse Haro, allineando la linea di tiro dello Zaku col secondo Geara Zulu, raggiunto da una salva che ne attraversò in diagonale il busto, facendolo finalmente esplodere.
“Miss Sayla, sto per lasciarla, ho programmato il suo AMBAC perché riesca a fermare la rotazione da sola, mi dica quando è pronta al rilascio.” disse infine Haro.
“Pronta!”, disse Sayla.
“Tre... due.. uno... rilascio.”
L'Omega Gundam lasciò il braccio dello Zaku, il quale continuò a piroettare brevemente come una ballerina per poi arrestarsi grazie ad un robusto colpo di reni associato al potere frenante di parte dei propulsori vernier.
Poco più in là, anche l'Omega Gundam arrestò la rotazione e mise il Beam Rifle in posizione di tiro.
“Miss Sayla, ho un messaggio da Kai Shiden”
“Trasmettilo”, ordinò lei.
Si udirono distintamente violenti conati di vomito, seguiti da un furioso:
“Vi odio! Tutti e due!”
Ma non ci fu tempo per tirare il fiato.
Il beam di uno degli altri due suit nemici attraversò lo spazio tra l'Omega Gundam e lo Zaku, asportando di netto il piede sinistro di quest'ultimo.
Entrambi i vecchi suit si voltarono verso la provenienza della minaccia ma, prima che potessero reagire, un razzo di segnalazione provocò un'esplosione di luci e bagliori che si frappose tra le due fazioni.
Una voce risuonò in tutti i cockpit contemporaneamente:
“Ai Mobile Suit non identificati, parla il Sottotenente Judau Ashta dei Lond Bell Corps, state operando con armi da guerra in un settore federale controllato, vi ordiniamo di cessare ogni attività immediatamente ed agevolare la verifica delle vostre credenziali da parte di un nostro team ispettivo!” 
Per un istante, tutto sembrò fermarsi.
Sayla sentì Kai che, da dentro l'Omega Gundam, protestava:
“Judau? Judau?! Bright Noa, già che c'eri potevi mandarci in soccorso Topolino!”
Poi, i Geara Zulu tornarono ad aprire il fuoco.

Lo shuttle riemerse improvvisamente dallo squarcio nello scafo della Topkapi e riprese la sua corsa verso il punto d'approdo sito a poppa della mastodontica nave spaziale. I due Geara Zulu rimasti a dargli la caccia furono nuovamente presi in contropiede, e dovettero ruotare su loro stessi per riprendere l'inseguimento, perdendo secondi preziosi: quando furono di nuovo in rotta d'avvicinamento, lo Shuttle stava ormai ultimando l'agganciamento alla docking bay poppiera.
Il Geara Zulu più vicino, lanciato a tutta velocità, tentò il tutto per tutto e fece fuoco col suo beam cannon “a vista”, senza cioé aver calcolato una soluzione di tiro, quello che con le pistole tradizionali viene chiamato “tiro istintivo”.
Fu un colpo fortunato, dopotutto.
Pur non colpendo direttamente lo shuttle, andò ad abbattersi poco oltre la docking bay, generando una fontana di detriti che si frapposero tra la navetta e l'approdo, interrompendone la manovra d'agganciamento.
All'interno dello shuttle, il tenente ai comandi vide attraverso il parabrezza i due giganteschi suit che si avvicinavano e prendevano correttamente la mira, stavolta.
Si portò le braccia davanti al viso per un inutile istinto di difesa, e fece in tempo a dire:
“Colonnello M'Quve...”
Una salva di raggi spazzò via lo shuttle e la docking bay tutto in una volta.

“No!”, urlò Sayla osservando l'esplosione sul monitor, e così facendo si distrasse una volta di troppo: un'altra salva di raggi proveniente da uno dei due Geara Zulu ancora impegnati in combattimento con lo Zaku ed il Gundam strappò di netto il braccio destro del suo suit, portandogli via anche il rifle.
Un secondo colpo, potenzialmente fatale, venne fermato dalla gamba destra dell'Omega Gundam, che si frappose disperatamente tra lo Zaku ed i nemici.
I due vecchi mobile suit, ormai fuori assetto per i colpi subiti, finirono uno contro l'altro.
In un estremo tentativo di difendere la sua padrona, Haro comandò all'Omega Gundam  di afferrare lo Zaku con la mano sinistra e stringerlo a sé, mentre contemporaneamente faceva fuoco alla cieca col beam rifle che aveva nella mano destra per tenere ancora lontani gli avversari, ma dopo appena un paio di tiri fu proprio il potente fucile a raggi ad essere colpito da una terza salva nemica.
L'Omega Gundam riuscì appena in tempo a gettare via l'arma prima che esplodesse. Nonostante ciò, la deflagrazione ravvicinata tranciò l'avambraccio destro e il radome di una delle due antenne radar montate sul backpack.
Bloccati in una sorta di abbraccio e costretti dal momento angolare generato dalle esplosioni a ruotare su loro stessi fuori controllo, i due vecchi mobile suit erano ormai un bersaglio facile ed inerme.

Andata a buon fine l'intercettazione del minishuttle, gli altri due Geara Zulu invertirono la rotta per andare in supporto a quelli impegnati nel combattimento, ma non li raggiunsero mai.
Una serie di mini-missili ad alto potenziale, provenienti dal limite delle Nubi di Kordilewsky, li investirono mutilandoli.
“Due fuori, ne restano altri due!”, trasmise Sanders, esultando per i colpi mandati a segno dal suo Gustav Karl.
“Bel colpo”, rispose Judau, “Vado a soccorrere lo Zaku ed il Gundam! Yuri, coprimi le spalle!”
“Roger!”, rispose la giovane pilota, impegnando il suo mobile suit in una virata agile e strettissima nonostante le imponenti dimensioni, che la portò perfettamente in posizione di tiro verso i due nemici ancora operativi.
Il Gustav Karl numero 3 estrasse i due componenti del suo beam rifle a lungo raggio dagli alloggiamenti lungo le gambe, li unì assieme e puntò l'arma così ottenuta.

Uno dei Geara Zulu, evidentemente a corto di munizioni, abbandonò alla deriva il suo beam cannon ed armò l'ascia termica per i combattimenti ravvicinati. Avvicinò quel che restava dello Zaku e del Gundam e tese in alto il braccio, pronto a vibrare il colpo di grazia. Un beam ad altissimo potenziale  gli asportò di netto avambraccio, mano e quanto essa impugnava.
Il Geara Zulu si voltò nella direzione dalla quale era stato sparato il colpo, ma dalla direzione opposta emerse il Gustav Karl 1 di Judau che placcò al volo Zaku e Gundam portandoli via a tutta velocità dalla zona di combattimento.
“Sanders, adesso!”, gridò Yuri.
Il Gustav Karl 2 di Terry Sanders, già lanciato alla massima velocità verso i due avversari, sguainò contemporaneamente le due beam sabers alloggiate nelle cosce, estese le braccia in modo da ampliare il raggio d'azione delle lame energetiche, quindi passò tra i due Geara Zulu tranciandoli a metà del torace.

“Signorina Sayla, é davvero lei?”, chiese Judau sfruttando il contatto tra il Gustav Karl e lo Zaku.
“Sì, Judau”, rispose una voce femminile arruffata, “sono proprio io. Grazie per il salvataggio!”
“Siamo pari!”, corresse il sottotenente ridendo.
“Guardate, non é ancora finita!”, urlò Sanders attraverso il commlink. Tutti si voltarono verso il Gustav numero 2, e videro a cosa si riferiva...

La Topkapi aveva acceso i suoi colossali motori e stava accelerando per uscire dalle Nubi di Kordilewsky...

Sayla non dubitò un attimo, ma ringhiò con quanta rabbia aveva in corpo una sola parola, un nome:
“M'Quve!”
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Re: [FanFic]MOBILE SUIT GUNDAM 0099:The Minovsky Affair

Messaggio da Ido » 12/08/2014, 16:19

Vorrei che non finisse mai...
...Costruisco robot giganti,... in una scala piccola...

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Re: [FanFic]MOBILE SUIT GUNDAM 0099:The Minovsky Affair

Messaggio da Bright » 12/08/2014, 17:07

Eh, invece siamo agli sgoccioli... grazie, comunque!

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Re: [FanFic]MOBILE SUIT GUNDAM 0099:The Minovsky Affair

Messaggio da Char70 » 13/08/2014, 7:48

Ido ha scritto:Vorrei che non finisse mai...
Quoto!
;)
SIEG ZEON!!!

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Re: [FanFic]MOBILE SUIT GUNDAM 0099:The Minovsky Affair

Messaggio da Bright » 13/08/2014, 12:47

VIII

“Cosa crede di fare?!”, qustionò minaccioso Meitzer Ronah dal monitor principale della plancia del Topkapi.
M'Quve, seduto alla poltrona di comando della gigantesca astronave, sorrise.
“Glielo dirò, dopotutto glielo devo...”, fece una pausa per valutare le reazioni del suo interlocutore.
“Grazie alla sua abitudine di voler comunicare via laser, ho la posizione precisa della trasmittente, ossia di dove lei si trovi in questo momento...”, rivelò, “...secondo il computer di bordo, non appena accesi i motori d'apogeo, il che avverrà tra circa... quaranta secondi... mi ci vorranno appena quattro minuti per raggiungere il bunch Mua City, su Side 4!”
Ronah tradì il suo nervosismo con una smorfia.
“Vuole lanciare la Topkapi contro la colonia?! Lei é pazzo!”
“Dubito che lei possa organizzare una fuga da lì in meno di quattro minuti e mezzo!”, puntualizzo M'Quve con un ghigno, “A presto, milord!”, e chiuse il contatto prima che l'altro potesse rispondere.
M'Quve alzò lo sguardo verso la grande finestra panoramica della plancia. A poco meno di un chilometro di distanza, le Nubi di Kordilewsky raggiungevano la loro massima densità. Piccoli meteoriti, uniti a pezzi di ghiaccio e detriti prodotti dall'uomo, erano stati addensati dalla gravità terrestre in una fitta coltre che si tingeva di riflessi argentei ogni volta che la luce solare poteva raggiungerla. Come in quel momento.
Osservando meglio, M'Quve notò uno scafo che attendeva immobile poco oltre la fine delle Nubi. Lond Bell lo stava già aspettando al varco. L'anziano ufficiale non si impressionò.
“Cara Ra Cailum”, sospirò, “dubito che tu possa spingerti alla metà della velocità di questa astronave della Flotta di Giove!”
“E se invece spegnessimo tutto, adesso?”, domandò truce una voce di donna.
Prima che M'Quve potesse voltare la sua poltrona di Comando, uno sparo risuonò nella sala e s'abbatté su uno dei quadri del pilota automatico.
Quando il colonnello poté vedere emergere dalla semioscurità  la nuova arrivata riconobbe, nonstante lei indossasse integralmente una normal suit, Artesia Som Deykun.

“Sta per uscire dalle Nubi, se avvierà i motori d'apogeo, non la prenderemo più!”, disse Judau, che conosceva fin troppo bene quella classe di Navi Spaziali.
“Sto trasmettendo alla Ra Cailum la sua rotta, cercheranno d'intercettarla appena fuori dalla zona più densa di detriti”, rispose Yuri.
Dentro la cabina del suo Gustav Karl, Judau scosse la testa:
“Se accelera alla massima velocità, non esiste cannone a megaparticelle che possa tenerla in punteria!”, ammise.
“E se colpissimo adesso i motori d'apogeo?”, chiese Sanders.
“Sarebbe un suicidio, il raggio dell'esplosione di un motore termonucleare é assai maggiore di quello delle nostre armi, senza contare i detriti delle Nubi... quelli non vaporizzati dalla detonazione, verrebbero proiettati contro la Ra Cailum e le colonie più vicine!”
“C'é Side 4, qui vicino!”, ricordò Yuri.
“Perciò l'unica opzione é distruggerla prima che i motori si avviino?”, chiese Sayla dal suo Zaku danneggiato.
Judau attese un attimo prima di rispondere.
“Bisognerebbe prima disabilitarli dalla consolle dell'autopilota, in plancia!”, rispose.
“Bene!”, rispose Sayla, “Gundam, voglio che restino tutti qui... voialtri, preparate le armi e dite alla Ra Cailum di fare altrettanto!”
“Qui gli ordini li do io, signorina Sayla!”, protestò Judau, ma i vernier del vecchio Zaku rosso già vomitavano fiamme e lo spingevano verso la Topkapi, alla leggendaria Velocità di Combattimento della Cometa Rossa.
I tre Gustav Karl si voltarono per lanciarsi all'inseguimento, ma l'Omega Gundam si frappose tra di loro puntandogli contro a bruciapelo il lanciamissili montato sul braccio superstite.
Era vuoto, ma loro non potevano saperlo.
“Vi supplico, non sparate!”, gridò Kai dalla cabina.
“Il signor Shiden?”, riconobbe Judau, “Lei? Che diavolo ci fa lei a bordo di un Gundam?”
Kai si sentì ferito nell'orgoglio e riprese coraggio.
“Bamboccio, se l'hai potuto fare tu, lo posso fare anche io!”
Judau non raccolse la sfida.
“Abbasi l'arma!”, ordinò.
“Vorrei, ma non posso!”, ammise Kai.
“Come sarebbe che non può?”, insité Sanders, stavolta.
“Non sono esattamente io, che sto guidando...”
“E chi, allora?”, perse la pazienza Judau.
“Haro.”
Calò un silenzio gelido.
“Mi sta prendendo in giro, vero?”, chiese Judau.

“Veloce come si addice alla leggenda, Cometa Rossa!”, schernì M'Quve.
Sayla puntò la pistola ed esplose un altro colpo, facendo sussultare il vecchio nemico e distruggendo un monitor a pochi centimetri alla sua destra.
“Questo é per Ramba Ral!”, disse secca.
“...Quell'idiota!”, rise M'Quve.
Un altro sparo fece fuori il monitor alla sua sinistra, ma senza spaventarlo stavolta.
“Questo è per Amuro Ray!”
M'Quve scosse la testa.
“E due!”, disse.
Sayla si avvicinò e poggiò la canna della pistola sulla fronte di M'Quve.
“E quest'altro é per Casval... e per me!”
“Ah-ah!”, agitò l'indice della mano destra M'Quve in senso di diniego, “Hai dimenticato Zeon Deykun!”
Sayla sgranò gli occhi, e M'Quve approfittò dell'istante.
Inaspettatamente, sferrò da seduto un calcio allo stomaco di Sayla. Un calcio devastante, dalla potenza disumana, che la proiettò all’indietro per oltre venti metri. Il colpo che partì dalla sua pistola andò a piantarsi nel vetro della grande finestra panoramica.

“C'é qualcosa che non torna!”, rifletté ad alta voce Kai.
“Haro, dammi i comandi di questo coso!”, ordinò alla palla verde, che era ancora comodamente piazzata al centro del sedile di pilotaggio, e che lo ignorò.
“Dammi i comandi, ho detto!”, insisté Kai cercando di afferrare la cloche di destra.
Una delle breccia telescopiche di Haro fuoriuscì dalla sua sede e colpì il giornalista all'inguine.
“Porca...!”, sibilò Kai, afferrandosi i genitali.
“Si può sapere che succede, la dentro?”, chiese via commlink Sanders, facendo muovere leggermente il suo Gustav Karl n°2.
Haro tornò a controllare l'Omega Gundam per correggere la posizione del lanciamissili in modo che passasse dal puntare il suit di Judau a quello del suo wingman.
Kai approfittò del nuovo e più gravoso task del piccolo robot: memore di quanto gli era appena successo, aprì di scatto il portello del cockpit e sferrò un calcio alla palla verde, lanciandolo fuori, nello spazio aperto. Poi, agì sulla chiusura.
Haro si proiettò nello spazio e andò a sbattere sullo scafo del Gustav di Judad.
“Ehi, c'era davvero Haro, là dentro!”, disse il pilota, mentre manovrava con delicatezza la mano sinistra del suo suit per recuperare il minuscolo automa.
Tanto bastò a Kai per lanciare l'Omega Gundam a tavoletta, in direzione della Topkapi.

Quando Sayla si riebbe dal colpo, si ritrovò semisdraiata in fondo alla plancia del Topkapi. Alzò lo sguardo, e M'Quve era di fronte a lei, in piedi, che la teneva sotto tiro con la sua stessa pistola.
“Abbastanza ingenuo, da parte vostra, altezza!”, esordì il vecchio ufficiale, “Dopotutto, sono l'executive di una ditta che fabbrica Mobile Suit, vuole che non abbia accesso a delle protesi bioniche?”
M'Quve sorrise e tirò con la mano non armata un lembo dei suoi eleganti pantaloni, rivelando uno stinco interamente meccanico.
“Perché questa pagliacciata?”, domandò lei.
“Strana domanda, lei é la sorella di un uomo che é andato in giro per anni con una maschera sul viso, sostenendo di avere cicatrici che in realtà non aveva... maschera che, mi dicono, adesso porti spesso anche lei... nonostante abbia ancora un bel visino!”, spiegò con disprezzo M'Quve, chinandosi e battendo con la canna della pistola contro la visiera chiusa del casco di lei.
“Cosa c'entra mio padre in tutto questo?”, chiese lei, mentre intimamente si sforzava di non rivelare la paura che provava a quel verme.
“Zeon non avrebbe mai permesso lo scoppio della guerra, così come non lo avrebbe mai fatto il suo amicone Degwin Zabi!”
“La... Massive Dynamics?”, realizzò Sayla.
“Gihren era un altro paio di maniche, però...”, continuò lui, “...messo nel posto giusto, riuscì a inabilitare suo padre risparmiandoci il disturbo di dover eliminare anche lui!”
Inclinò la testa di lato senza smettere però di fissarla. Fece spallucce.
“Certo, poi lo ha ammazzato lo stesso, Degwin, ma chi siamo noi per giudicare? Dopotutto si diceva avesse ucciso perfino il suo mentore Zeon!”
“Sei un bastardo..!”, sibilò lei.
M'Quve scosse la testa.
“Hai distrutto i comandi dei motori d'apogeo, puttana”, scandì, “il tuo piccolo cervello da scimmia bionda non immagina nemmeno che così facendo hai appena salvato la pelle ad un altro bastardo, che scatenerà un'altra guerra, tra qualche tempo...”, le sferrò un altro calcio su un fianco, neanche lontanamente forte quanto il primo, ma comunque il calcio dato da una macchina.
Sayla urlò di dolore.
M'Quve si chinò di nuovo su di lei, mettendo l'indice davanti alle labbra per ingiungerle di non fare rumore, mentre con l'altra mano premeva la canna della pistola contro il punto in cui l'aveva appena colpita.
“Ssst! Non ti preoccupare, mi occuperò di lui subito dopo aver finito con te!”, l'afferrò e la tirò su, in piedi.
Tenendole la pistola piantata nel fianco, la trascinò verso la finestra panoramica della plancia.
“Non ti ucciderò, non ora... sarai il mio lasciapassare!”
Quando arrivarono davanti alla finestra, videro spuntare l'Omega Gundam dal basso, dritto di fronte a loro, monco di un braccio e di una gamba, ma indubbiamente funzionante.
“Ma guarda! Scommetto che c'é Shiden, lì dentro! É riuscito a guidare un Gundam, alla fine!”
Sayla non lo ascoltò. Si concentrò su un minuscolo dettaglio sul vetro della finestra.
M'Quve si rese conto d'essere ignorato e trasalì. Spinse più forte la canna sul fianco malandato. Sayla gemette.
“Fagli ciao ciao con la manina così che sappia che sei ancora viva e non tenti una cazzata delle sue!”, ordinò
Sayla volse lo sguardo verso il Gundam.
“Kai, se mai c'é stato del vero nella dottrina newtype di mio padre, adesso ti supplico, sentimi!”, pensò tra sé la donna, mentre alzava una mano e faceva un cenno.
L'Omega Gundam sembrò indietreggiare leggermente.
Agendo col gomito della mano che salutava, Sayla colpì M'Quve in pieno volto, facendo schizzare via l'occhio finto dalla sua sede. Contemporaneamente, si divincolò dalla sua presa. M'Quve, accecato del tutto dal dolore, tirò il grilletto.
Un secondo proiettile si piantò nel vetro, poco distante dal primo.
Con una torsione, M'Quve gettò Sayla a terra.
“Maledetta troia!”, gridò, tenendosi l'occhio mancante.
“Ti sono sempre piaciute, le cose belle, vero?”, ghignò lei mostrando l'occhio finto stretto saldamente nella mano destra e facendolo ruotare di centottanta gradi, mostrando il luccicante retro: “Qui dietro c'é proprio un bel diamante!”
M'Quve ringhiò.
Sayla lanciò l'occhio contro il vetro della finestra.
Nel tentativo di afferrarlo, M'Quve saltò con tutta la forza delle sue gambe nella stessa direzione. Una forza disumana.
M'Quve fu il terzo proiettile sul parabrezza. Quello più devastante.
Il vetro andò in pezzi.
La decompressione esplosiva che ne derivò, risucchiò entrambi, e tutto quanto di mobile c'era in plancia, nello spazio.
L'Omega Gundam afferrò al volo Sayla mentre veniva soffiata via tra i detriti.

Sulla plancia della Ra Cailum il Direttore di Tiro si voltò verso il Comandante Meran.
“Il Gundam s'è allontanato dalla linea di tiro, Comandante!”, disse.
“Bene”, annuì Meran, “Mirate ai serbatoi di elio 3, ma attenzione a non colpire i motori d'apogeo. Tutte le armi: fuoco!”

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Re: [FanFic]MOBILE SUIT GUNDAM 0099:The Minovsky Affair

Messaggio da Bright » 13/08/2014, 12:52

EPILOGO

Kai soppesò il suo miniregistratore digitale 3d nella mano. Il sobbalzo dell'auto rischiò di farglielo sfuggire, così decise di metterlo via, sprofondandolo in una tasca della giacca.
“Chiedo scusa!”, disse la voce sintetica del taxi automatico.
Kai fece una smorfia e guardò fuori dal finestrino.
La sera era calata da un po' a Green Noa.
Le luci della strada gli scorrevano attorno assieme al traffico dell'ora di punta, sulla tangenziale che portava dal centro in periferia. Ci sarebbe voluto ancora qualche minuto. Socchiuse gli occhi.

“Ahio!”, protestò Kai mentre Sayla gli disinfettava un largo taglio sullo zigomo, uno dei tanti esiti del pestaggio dei commandos di M'Quve.
“Smetti di lamentarti come un bambino!”, disse pazientemente lei completando la medicazione con dei punti adesivi.
“Sai, non ho mai scoperto che tipo di dottore sei...”, disse lui guardando il risultato allo specchio.
“Quello giusto per te: un veterinario!”, rispose lei mentre si sfilava i guanti sterili.
Kai si voltò verso di lei e sbatté gli occhi. Sorrise.
“Non mi freghi, stai mentendo!”
“Forse!”, sorrise Sayla.

Il taxi si fermò sul ciglio della strada, giusto davanti alla soglia della villetta di Kai.
“Il costo della corsa è proiettato sullo schermo poggiatesta davati a voi!”, disse la voce sintetica del pilota automatico.
Kai accostò la mano allo schermo, che ne lesse le impronte digitali. Sentì lo scatto delle portiere che si sbloccavano.
“L'ammontare verrà addebitato sul suo conto corrente, Mr. Shiden! Grazie e arrivederci!”
Kai sbuffò, afferrò la sua ventiquattr'ore e uscì dall'auto.

“Hai distrutto di proposito i comandi della Topkapi, vero?”, domandò Kai, “Potevi sparare direttamente a M'Quve e poi fermare la nave, ma volevi costringere Lond Bell a distruggerla!”
“Se così ti pare...”, rispose lei, mentre osservava, assorta nei suoi pensieri, lo spazio esterno attraverso l'oblò, “…tu hai tralasciato di dirmi che quel bastardo camminava ancora...!”
“Perché, Sayla?”, insisté il giornalista ignorando l’appunto di lei, mentre le si sedeva accanto.
“Perché non vuoi che questa storia si sappia? Davvero pensi che i morti di queste ultime guerre non riceverebbero più giustizia, se si sapesse la verità?”
Si girò in modo che lei fosse costretta a guardare lui piuttosto che il finestrino, con scarsi risultati.
“Lasciare che il loro sacrificio affoghi nella menzogna”, continuò, “che i loro cari ignorino la verità, non è peggio?”
Sayla, finalmente, si voltò verso di lui.
“Kai, i newtype esistono!”
Kai sbatté le palpebre allibito.
“Devono esistere!”, disse lei, “Devono esistere anche se non esistono. Perché solo se il genere umano crederà fermamente che il prossimo passo nella sua evoluzione sia la comprensione, la comunione, la carità... solo allora ci sarà davvero, un nuovo tipo d'umanità!”
Kai distolse lo sguardo.
“Se riveleremo... se rivelerai, Kai, quello che é successo, non riporterai in vita nessuno. Forse scatenerai un'altra guerra. Ma quel che é peggio, tarperai le ali alla speranza che un giorno, un giorno vicino, gli uomini possano capirsi invece che combattersi... non ci serve gente che sappia comunicare a distanza o possa deflettere i fasci di megaparticelle col pensiero... ci servono persone in grado di comprendersi, indipendentemente dal fatto che questa facoltà sia extrasensoriale o meno.”
Kai non rispose subito. Si morse un labbro senza distogliere lo sguardo dagli occhi di lei.
"La verità viene prima di tutto, Sempre", disse infine.
Sayla gli prese la mano.
"La verità ha sempre un prezzo, Kai!", rispose ferma, "Stavolta, il prezzo potrebbe essere l'apocalisse"
Kai fece per distogliere lo sguardo ma lei non glielo permise.
“So quanto é importante il tuo lavoro per te, e ti chiedo scusa se a volte l'ho disprezzato. Ti chiedo scusa per le volte che ti ho sfruttato per fare indagini per conto mio. Ma adesso ti imploro...”
Kai si voltò via da lei, allibito.
“... ti imploro di fare la cosa giusta. E la cosa giusta da fare é una sola.”
Kai fece per dire qualcosa.
“Non togliere la speranza all’umanità!”, concluse lei.

Le luci dell'ingresso-soggiorno si accesero automaticamente appena Kai attraversò la porta. Sfilò la giacca e la gettò distrattamente sul divano ad angolo poco più in là, nonostante avesse un appendiabiti a muro a fianco della porta di casa.
Sprofondò le mani in tasca e passeggiò fino al grande monitor a muro che fungeva da PC, tv e telefono. Agitò la mano davanti allo schermo e questo s'accese.
Un messaggio in segreteria. Il suo editore.
Fece partire il messaggio e, con un ampio gesto del braccio, trasferì l'immagine bidimensionale sullo schermo in un ologramma tridimensionale al centro della stanza, ma non degnò il tipo basso e grassoccio che gli parlava di uno sguardo.
“Shiden, sono settantadue ore che non ti fai vivo...”
Kai andò al mobile bar e si versò una dose doppia di bourbon. Sorseggiò brevemente, come in trance.
“...mi hai promesso lo scoop della tua vita! Hai voluto un congruo anticipo!”, continuò l'ologramma.
Kai alzò lo sguardo sul muro accanto. C'erano appesi, incorniciati, i suoi articoli andati in prima pagina nel corso degli anni.
Erano solo quattro, ma una era la copertina del Time Magazine.
Kai si voltò come risvegliatosi all'improvviso, corse verso la giacca e tirò fuori il registratore 3d. Premette un tasto e l'ologramma del nuovo programma Frontier apparve nel palmo della sua mano. Agitò la mano, ed esso fu sostituito da documenti del progetto Cosmo Babylonia.
C'era tutto, in pochi istanti era riuscito a copiare tutto il computer della Topkapi, prima di mostrarlo a Sayla.
Si voltò verso l'ologramma che aveva preso a sbraitare minacce. Strinse il registratore in mano. Gli angoli della bocca si curvarono all'ingiù.
Scagliò il miniregistratore contro lo schermo a parete.
Finirono entrambi in mille pezzi.

“Grazie per la comprensione e l’aiuto, porta i miei saluti all’Ammiraglio Bright”, disse Sayla a Judau, che le teneva aperto il portello d’imbarco di uno degli shuttle della Ra Cailum.
Judau si voltò verso Kai.
“Ehm, sì, digli che lo richiamo!”, disse lui.
Lei gli lanciò un’occhiataccia.
“Calma!”, fece lui intuendo il sospetto, “mi ha solo chiesto di fare un’indagine su un certo Mafty, per conto suo!”
“Sul sedile c’è una sorpresa!”, disse Judau facendo l’occhiolino alla donna.
Sayla sorrise, s’affacciò in cabina e, quando riuscì, aveva Haro tra le braccia.
“Grazie! Peter non mi avrebbe perdonata, se lo avessi perso!”
“Peter? E chi sarebbe?”, domandò Kai.
“Andiamo, prima che Lond Bell cambi idea!”, disse Sayla.

Kai si affacciò alla finestra del salotto. Essendo la villetta costruita in cima ad una delle finte colline di Green Noah, era facile osservare il cielo stellato nelle finestre sul lato opposto della colonia.
Si immaginò di vedere uno Zaku rosso che sfrecciava, percorrendole per tutta la lunghezza.
“Va bene”, disse tra sé, “facciamo a modo tuo, Sayla.”
Il telefono integrato nello schermo a parete squillò. Maledicendosi per l’intempestività del suo scatto di collera, Kai agì sul telecomando manuale, visto che il comando gestuale era andato in pezzi con lo schermo.
“Pronto?”, disse.
“Mr. Shiden, sono io, ho verificato quello che mi aveva chiesto… come mai non la vedo sullo schermo?”
“Tutto ok, ho un guasto al monitor, dimmi pure…”
“Ah, ok. Bene, c’è effettivamente un ragazzino di nome Peter Ray, nel palazzo del governo a Sweetwater.”
Una nuova luce s’accese negli occhi di Kai.
“Descrivilo.”
“Dieci anni o poco più, capelli ricci, rosso-castani, occhi blu.”
“Va bene”, annuì Kai, “e il campione di DNA che ti ho dato per il confronto?”
“Corrisponde”, disse la voce, “chi è questo tizio, capo?”
“Tutto ok, ci sentiamo domani!”, tagliò corto Kai, e chiuse la chiamata.
Bevve un altro sorso di bourbon.
Forse uno scoop lo aveva, dopotutto.
Aprì un cassetto e ne tirò fuori un vecchio portatile Apple del ventunesimo secolo. Adorava la roba vintage, al punto che s’era imbarcato sulla White Base con una Polaroid.
“Questa volta mi ammazza davvero!”, disse sorridendo mentre il pc si avviava.
Aprì il Word Processor e digitò il titolo, per cominciare:
“Amuro & Sayla: What is and what should never be.”

F I N E

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Re: [FanFic]MOBILE SUIT GUNDAM 0099:The Minovsky Affair

Messaggio da Ido » 13/08/2014, 15:00

Bright!
Mi è piaciuta tantissimo, ti ringrazio per averci regalato questa entusiasmante storia ricca di colpi di scena e di emozioni.
Sarebbe veramente bello se riuscissimo come Club a valorizzarla in qualche modo...
Chissà...
...Costruisco robot giganti,... in una scala piccola...

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